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Territories

18/02/2016

Ma la legge sul Collegato ambientale seguita da Anbi offre nuove possibilità per il contenimento. Il professor Prigioni dell’Università di Pavia: “Popolazione capace di raddoppiare in un solo anno”

Solo in Lombardia ce ne sono circa un milione. Oppure 1 ogni 2 abitanti di una provincia come Modena. Fatte le dovute proporzioni nelle regioni del centro-nord si arriva a una stima di alcuni milioni di nutrie. In un breve futuro per altro, sono destinate ad aumentare. Vivono all’incirca 3 anni, ma già dopo sei mesi sono in grado di riprodursi. Possono fare anche fino a 12 cuccioli, ma solo la metà sopravvive. Sono sì innocue per l’uomo e a differenza dei ratti, non portano malattie, tipo la leptospirosi. Ma fanno le tane negli argini, imputati per pericolosissime inondazioni capaci di mettere a repentaglio la sicurezza dell’uomo e degli altri animali. Attraversano le strade causando incidenti, talvolta mortali. E non ultimo causano danni alle colture. Stiamo parlando di un animale alloctono (liberato sul territorio da allevamenti da pelliccia quando questa non era più redditizia), la cui proliferazione è causa dell’incapacità di affrontare in maniera organica e oltre i confini amministrativi il problema. Del tema si occupa anche il nuovo Collegato ambientale – la legge 221 del 28 dicembre recante “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento di uso eccessivo di risorse naturali”. Anbi, l’associazione nazionale consorzi gestione e tutela del territorio e acque irrigue, ha seguito costantemente i lavori delle Commissioni parlamentari. Ad oggi il risultato è che le nutrie sono state escluse dalla fauna protetta di cui alla legge 157/1992 su norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatoria.

Un’importante novità, dato che ora con i Piani regionali si potranno attuare i contenimenti delle nutrie nelle diverse regioni, però in modo organico e omogeneo, ovviando alle inevitabili difficoltà operative riscontrate specialmente dai piccoli Comuni. Le singole Anbi regionali stanno sollecitando le diverse Regioni italiane ad emanare uno specifico provvedimento di autorizzazione venatoria per abilitare l’installazione degli appostamenti funzionali dell’attività di contenimento delle nutrie.

Un fatto che, in parte, dà risposta ai consorzi di bonifica sul territorio che, da anni, denunciavano l’esplosione, ormai incontrollata, del problema nutrie. Un allarme emblematico quello giunto da Mantova dove il 70% delle terre è circondata da acque e difesa da argini, dove purtroppo la nutria scava le sue tane.

Il fenomeno, di recente, è stato approfondito dall’Università di Pavia, nello studio promosso dalla Regione Lombardia tramite ERSAF. Si intitola “Stima della consistenza della nutria (Myocastor coypus) in Lombardia” (settembre 2014), coordinato da Claudio Prigioni, professore del Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente Università degli Studi di Pavia. Oltre alle stime sui numeri, lo studio pone l’accento sul fatto che “le attuali azioni di contenimento della specie intraprese dalle province possono avere solo un effetto locale e limitato nel tempo. I prelievi effettuati attraverso i piani di controllo numerico delle Province hanno, infatti, un’incidenza limitata, valutabile nell’ordine del 15-18%, che non ha nessun effetto sull’incremento utile annuo della popolazione che potrebbe tranquillamente raddoppiare di anno in anno”.

Il Collegato ambientale è una prima risposta per affrontare in ambito regionale il problema in maniera coordinata e, si auspica, anche per definire lo stanziamento di risorse per i piani di contenimento (dalla cattura/abbattimento allo smaltimento delle carcasse).

Gabriele Arlotti
Giornalista



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