Informativa Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per proporti servizi in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie clicca qui. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie. X
IT EN
MENU
Azione cofinanziata dalla Commissione Europea
Il presente progetto è finanziato con il sostegno della Commissione europea. L'autore è il solo responsabile di questa pubblicazione (comunicazione) e la Commissione declina ogni responsabilità sull'uso che potrà essere fatto delle informazioni in essa contenute.

Energie rinnovabili

18/02/2016

E’ sicuramente sorprendente  scoprire quanto i consorzi di bonifica italiani siano permeati di innovazione, una caratteristica, che li pone all’attenzione più degli osservatori stranieri che dell’opinione pubblica italiana colpevolmente esterofila.

Il fiore all’occhiello è il sistema irriguo “esperto” Irriframe, frutto di know-how tricolore, nato dall’esperienza emiliano romagnola: è attivo in 15 regioni, garantendo la copertura del 60% della superficie irrigabile italiana. Si tratta di un innovativo software, protagonista anche ad Expo Milano, capace di inviare, ad un qualsiasi device (cellulare, pc o tablet) dell’agricoltore, il miglior consiglio per l’irrigazione grazie all’interrelazione fra parametri come il tipo di coltura, le condizioni e le previsioni meteorologiche, l’umidità del terreno, le disponibilità idriche sul territorio. Tale sistema, oggi anche vocale grazie ad un’apposita app, può ridurre il fabbisogno irriguo fino al 30% e, nel primo anno ufficiale di attivazione, ha garantito un risparmio di circa 500 milioni di metri cubi d’acqua. La bontà dell’innovazione è testimoniata non solo dall’interesse dimostrato da Paesi, che soffrono di scarsità idrica, ma dall’avvaloramento di Irriframe, presso l’Unione Europea, come “best practice” nei criteri di assegnazione dei finanziamenti comunitari.

L’innovazione in campo ambientale è un punto di forza dei consorzi di bonifica italiani. Basti pensare al grande piano per il disinquinamento del bacino scolante nella laguna di Venezia, attuato anche grazie all’applicazione delle tecniche di riqualificazione fluviale come la fitodepurazione. L’ingegneria idraulica, “anima” dei consorzi di bonifica, si è trasformata in ingegneria idraulico-ambientale, privilegiando il “lagunaggio” delle acque alla loro rapida evacuazione, favorendone così le capacità autodepurative per quanto riguarda nutrienti quali fosforo ed azoto. Le aree, dove le acque si “depurano”, si trasformano in rigogliose aree di valenza ambientale grazie anche alla meandrizzazione dei corsi d’acqua, arricchiti di nuove golene e spazi fruibili per il tempo libero. Quello in corso nel Veneto è uno dei più importanti progetti di rinaturalizzazione del territorio, riconosciuto a livello internazionale; se a ciò aggiungiamo la fondamentale funzione svolta dalle aree di fitodepurazione nell’affinamento delle acque reflue, capiamo l’importante ruolo innovativo, ricoperto dalla ricerca naturalistica. Non è certo un caso che, in Italia e precisamente in Toscana, è in fase di realizzazione la più grande area europea di depurazione con metodi naturali: è vicina al lago di Massaciuccoli nel bacino di Vecchiano in provincia di Pisa.

A latere di queste tecniche naturalistiche stanno a pieno diritto le innovazioni nel campo della “cattura” delle acque per rimpinguare le falde. In adesione ad un progetto comunitario sono così nate le aree forestali di infiltrazione (A.F.I.) dove, grazie ad una particolare sistemazione agronomica dei terreni, si incentiva la loro permeabilità, favorendo la percolazione delle acque piovane nel sottosuolo; le A.F.I. (esperienza presente nella fascia fra Padova, Vicenza e Treviso) sono terreni, su cui vengono scavate trincee “a pettine”, affiancate da alberature ed in cui viene immessa acqua nelle stagioni di abbondanza, destinata a penetrare nel terreno, andando così a ricaricare la falda e le risorgive. I numeri parlano di 1 milione di metri cubi d'acqua, infiltrati all'anno per ettaro; si tratta di un progetto LIFE dell’Unione Europea, messo in atto per rigenerare le risorgive.  

Analogo obbiettivo è quello dei “pozzi bevitori”, manufatti in cemento che, grazie ad apposite forature, redistribuiscono sottoterra i volumi idrici, deviati dai corsi d’acqua in piena; i “pozzi bevitori”, installati nell’alta pianura vicentina, sono di forma cilindrica, completamente interrati e ricoperti di ghiaia, costituiti da anelli in calcestruzzo forati di diametro interno pari a 200 centimetri ed altezza complessiva di 4 metri che, inseriti nel terreno, permettono di “abbeverare” il sottosuolo con flussi idrici fa gli 8 e i 10 milioni di metri cubi all’anno. L’integrazione tra funzioni ambientali e di salvaguardia idrogeologica è la frontiera, verso cui si sta dirigendo la capacità progettuale dei consorzi di bonifica: aree di fruibilità ludica (parchi gioco) o sportiva (wellness, campi pratica acquatici), destinati a divenire bacini di espansione idrica, dove deviare le acque in esubero nei  momenti di criticità meteorologica.

Infine, il capitolo della produzione di energia rinnovabile, dove i consorzi di bonifica si distinguono soprattutto nel campo del micro e mini idrolettrico, prodotto grazie ad un semplice, ma innovativo utilizzo dell’antica “vite di Archimede”, capace di attivare la dinamo anche con la sola forza prodotta da un salto d’acqua di mezzo metro. Tale innovazione permette di immaginare  i circa 180.000 chilometri della rete idraulica italiana come un grande serbatoio  che, pur non risolutivo dei problemi energetici del Paese, può però apportare un significativo contributo alla loro soluzione.  Attualmente i consorzi di bonifica gestiscono 79 centrali idroelettriche, soprattutto in Piemonte e Veneto, per una produzione annua di oltre 289 milioni di kilowattora. Accanto alla rete di centraline idroelettriche c’è anche una produzione di energia fotovoltaica: ci sono  16 impianti (quasi la metà in Emilia Romagna) per una produzione annua di circa 1.211.000 kilowattora annui; in questo quadro, va inserita l’innovazione “spinta”, rappresentata dalle isole di pannelli solari galleggianti, sperimentate per la prima volta in Romagna. Operanti  da alcuni anni, hanno dimostrato la validità della soluzione a basso impatto paesaggistico e compatibile con l’ecosistema di uno specchio d’acqua: praticamente paralleli alla superficie liquida, i pannelli fotovoltaici compensano la minore angolatura di esposizione al sole con la maggiore rifrazione garantita dalla vicinanza all’acqua, che assicura anche una minore perdita di efficienza dovuta al surriscaldamento. Infine i consorzi di bonifica hanno in progetto ulteriori 64 impianti per la produzione di energia rinnovabile, anche eolica, per una produzione complessiva di oltre 68 milioni di kilowattora all’anno.

I consorzi di bonifica, insomma, orgogliosi della loro storia secolare, sanno però guardare avanti, trasformando l’attività quotidiana a servizio del territorio in una sorta di laboratorio permanente di ricerca applicata, frutto quella esperienza, che solo la pratica garantisce.

 

Francesco Vincenzi - Presidente ANBI


Azione cofinanziata dalla Commissione Europea

Il presente progetto è finanziato con il sostegno della Commissione europea. L'autore è il solo responsabile di questa pubblicazione (comunicazione) e la Commissione declina ogni responsabilità sull'uso che potrà essere fatto delle informazioni in essa contenute.


Articoli correlati