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Il presente progetto è finanziato con il sostegno della Commissione europea. L'autore è il solo responsabile di questa pubblicazione (comunicazione) e la Commissione declina ogni responsabilità sull'uso che potrà essere fatto delle informazioni in essa contenute.

Ambiente

18/02/2016

Finalmente il “Collegato Ambientale”. E’ stato infatti pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 18 gennaio 2016 la legge 28 dicembre 2015, n. 221.

Il provvedimento, è stato oggetto di un lungo ed approfondito dibattito parlamentare in virtù del quale sono stati ampliati i contenuti che spaziano dal settore rifiuti, agli appalti pubblici indirizzati verso i cosiddetti appalti verdi, alle aree e attività collegate al mercato dell’uso, al riciclo e recupero del materiale, al tema degli itinerari cicloturistici, alle bonifiche dei siti contaminati, al tema della governance del servizio idrico integrato con particolare riguardo anche alla depurazione per la quale si prevede l’istituzione di un fondo di garanzia per gli investimenti come si prevede un fondo per l’abbattimento dell’abusivismo edilizio, etc.-

Nell’ambito di tutto il complesso di norme alcune risultano di specifico interesse dei Consorzi di bonifica

Il provvedimento detta numerose disposizioni relative all’assetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo con il recepimento delle relative direttive europee (2000/60 e 2007/60).

In particolare, in attuazione di quanto previsto nelle citate direttive e con riferimento a quanto già contemplato dal D.Lgs. 152/2006, vengono istituite (art. 51) le “Autorità di bacino distrettuale” denominate “Autorità di bacino”, quale ente pubblico non economico che uniforma la propria attività a criteri di efficienza, efficacia, economicità e pubblicità.

Le disposizioni ivi contenute sostituiscono tutte le disposizioni di cui agli artt. 63 e 64 del D.Lgs. 152/2006, i cui testi vengono completamente sostituiti.

L’intero territorio nazionale è ora ripartito in n. 7 distretti idrografici nel cui ambito rientrano sia i bacini regionali che quelli interregionali di cui alla legge 183/1989.

E’ previsto che, per garantire un più efficiente esercizio delle funzioni delle Autorità di bacino, con decreto del Ministro dell’Ambiente di concerto con il Ministro dell’Economia e con il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, sentita la Conferenza Stato-Regioni, si possa prevedere una articolazione territoriale a livello regionale utilizzando le strutture delle soppresse Autorità di bacino regionali e interregionali.

Viene disciplinata anche l’organizzazione delle Autorità di bacino prevedendo i seguenti organi di tali Autorità:

-      Conferenza istituzionale permanente;

-      Segretario generale;

-      Segreteria tecnica organizzativa;

-      Collegio dei Revisori dei Conti.

Alla Conferenza istituzionale permanente competono gli atti di indirizzo, coordinamento e pianificazione.

In relazione ad una specifica proposta ANBI, condivisa in sede di Commissione Ambiente della Camera dei Deputati e quindi del Senato è previsto espressamente che anche un rappresentante di ANBI, qualificata specificamente Associazione Nazionale Consorzi Gestione e Tutela del Territorio e Acque Irrigue, possa essere invitato in sede consultiva per i problemi legati alla difesa del suolo ed alla gestione delle acque irrigue.

Tale previsione acquista notevole rilevanza attesa la competenza della Conferenza istituzionale permanente, nel cui ambito rientrano non solo i criteri e i metodi per l’elaborazione del Piano di bacino e l’adozione del Piano stesso e dei suoi stralci ma anche il controllo sull’attuazione dei programmi di intervento sulla base delle relazioni regionali sui progressi realizzati nell’attuazione degli interventi stessi e, in caso di grave ritardo nell’esecuzione di interventi non di competenza statale rispetto ai tempi fissati nel programma, diffida l’amministrazione inadempiente, fissando il termine massimo per l’inizio dei lavori. Decorso infruttuosamente tale termine, all’adozione delle misure necessarie ad assicurare l’avvio dei lavori provvede, in via sostitutiva, il Presidente della regione interessata che, a tal fine, può avvalersi degli organi decentrati e periferici del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Vengono quindi riconfermate le disposizioni concernenti ruolo e funzioni dei Consorzi di bonifica nel settore della difesa del suolo, della salvaguardia ambientale, dell’irrigazione nonché per la rinaturalizzazione dei corsi d’acqua e per la fitodepurazione, con riferimento specifico al rapporto con le Autorità di bacino.

Si sottolinea poi come l’art. 53 del D.Lgs. 152/2006 contempli espressamente i Consorzi di bonifica e di irrigazione tra i soggetti che concorrono alla realizzazione delle attività di difesa del suolo, unitamente allo Stato, alle Regioni a statuto speciale ed ordinario, le Province autonome di Trento e Bolzano, le Province, i Comuni e le Comunità montane). L’attuale riconferma di tale principio nel testo del nuovo art. 63 rafforza ulteriormente il riconoscimento, nell’ordinamento statale, del ruolo dei Consorzi di bonifica.

Importante anche la disposizione relativa alla composizione della “Conferenza operativa” dove partecipano i rappresentanti delle amministrazioni presenti nella Conferenza istituzionale permanente. Anche in tale conferenza operativa è prevista espressamente la partecipazione, con funzione consultiva, di un rappresentante dell’ANBI sempre quale Associazione Nazionale Consorzi Gestione e Tutela del Territorio e Acque Irrigue, per i problemi legati alla difesa del suolo ed ala gestione delle acque irrigue.

All’art 51 sono dettate inoltre specifiche disposizioni con la finalità di coniugare la prevenzione del rischio alluvioni con la tutela degli ecosistemi fluviali.

In particolare, con una modifica all’art. 117 del D.Lgs. 152/2006, è previsto che, nell’ambito del piano di gestione, le Autorità di bacino, in concorso con gli altri enti competenti, predispongono il programma di gestione dei sedimenti a livello di bacino idrografico, quale strumento   conoscitivo, gestionale e di programmazione di interventi  relativo  all’assetto morfologico dei corridoi fluviali.
Tale programma concorre all’attuazione di quanto previsto all’art. 7 del d.l. 133/2014 convertito in L. 164/2014, che individua come prioritari, tra le misure da finanziare per la mitigazione del dissesto idrogeologico, gli interventi integrati che mirino contemporaneamente alla riduzione del rischio e alla tutela e al recupero degli ecosistemi e della biodiversità’. Il programma di gestione dei  sedimenti  ha  l’obiettivo  di  migliorare  lo   stato morfologico ed ecologico dei corsi d’acqua e di ridurre il rischio di alluvioni tramite interventi  sul  trasporto  solido, sull’assetto plano-altimetrico degli alvei e dei corridoi fluviali e  sull’assetto e sulle modalità di gestione delle opere idrauliche e di altre infrastrutture presenti nel corridoio fluviale e sui versanti che interagiscano con le dinamiche morfologiche del reticolo idrografico.
E’ evidente l’interesse dei Consorzi alla conoscenza di tale programma sia per quanto riguarda l’eventuale incidenza su opere idrauliche che per quanto concerne le misure previste.

L’art. 52, con una modifica all’art. 72 del D.Lgs. 152/2006, introduce disposizioni per il finanziamento di interventi di rimozione o di demolizione di immobili abusivi realizzati in aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato ovvero di opere e immobili dei quali viene comprovata l’esposizione a rischio idrogeologico, in assenza o in totale difformità del permesso di costruire. I soggetti investiti delle relative funzioni sono i Comuni.

Si tratta di una disposizione di riconferma della priorità che si cerca di assicurare alla tutela del territorio attraverso norme volte ad eliminare situazioni gravemente lesive della sicurezza territoriale ed ambientale.

Di estremo interesse per i Consorzi la norma all’art. 55 che prevede l’istituzione, presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, del “Fondo per la progettazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico”.

L’istituzione di tale Fondo è espressamente prevista per consentire la celere predisposizione del Piano nazionale contro il dissesto idrogeologico favorendo le necessarie attività progettuali.

A tal fine si dispone che al Fondo affluiscano le risorse assegnate per la medesima finalità dal CIPE con la deliberazione 32/2015 (si ricorda che tale delibera destinava 100 milioni di euro del Fondo per la coesione e sviluppo 2014-2020 alla progettazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico soprattutto nel Mezzogiorno) nonché le risorse imputate agli oneri di progettazione nei quadri economici dei progetti definiti approvati, ove la progettazione sia stata finanziata a valere sulle risorse affluite al Fondo.

In verità dal testo della norma sembrerebbe che non vengono destinate al Fondo nuove risorse bensì dirottate al Fondo risorse già contemplate quale finanziamento di progetti. Peraltro è previsto che per il funzionamento del Fondo sarà approvato apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell’Ambiente, che dovrebbe essere adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di che trattasi. Tale decreto contribuirà certamente a chiarire il problema delle risorse e la loro destinazione.

Assume inoltre importante rilevanza nell’ordinamento statale del nostro Paese la disposizione contenuta all’art. 59 che, per la prima volta nell’ambito di un provvedimento legislativo statale, introduce l’istituto del “Contratto di Fiume”:

“I contratti di fiume concorrono alla definizione e all’attuazione degli strumenti di pianificazione di distretto a livello di bacino e sottobacino idrografico, quali strumenti volontari di programmazione strategica e negoziata che perseguono la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori fluviali, unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico, contribuendo allo sviluppo locale di tali aree”.

La norma costituisce uno degli esempi di riconoscimento di una realtà in linea di fatto già esistente, formatasi in virtù di esigenze territoriali e sociali molto diffuse, che hanno determinato una serie di iniziative territoriali di condivisione di problemi e di azioni che hanno determinato la conclusione di intese “definite contratti di fiume”, ma prive di specifico riconoscimento giuridico e non contemplate se non in atti amministrativi di alcune realtà regionali.

Il legislatore, nel prendere atto di tali realtà attestanti specifiche esigenze, ha ritenuto di dedicare nel collegato ambientale una specifica norma anche perché il contratto di fiume si inserisce in linea generale nel contesto normativo rappresentato dalle Direttive europee 2000/60 e 2007/60 e dal D.Lgs. 152/2006.

In sostanza al contratto di fiume vengono riconosciuti obiettivi, natura giuridica e finalità specifiche. Il contratto di fiume è un accordo che si inserisce negli strumenti di pianificazione di distretto offrendo uno specifico contributo. I soggetti che sottoscrivono il contratto di fiume condividono il principio che solo attraverso una sinergica e forte azione di tutti i soggetti pubblici e privati si possa migliorare la gestione delle acque, valorizzare territori fluviali e perseguire adeguatamente gli obiettivi di un loro sviluppo sostenibile. A tal fine, di regola, si impegnano, nel rispetto delle reciproche competenze, ad operare in un quadro di forte valorizzazione del principio di sussidiarietà attivando tutti gli strumenti partenariali utili al pieno raggiungimento degli obiettivi condivisi.
I Consorzi di bonifica già da qualche anno sono soggetti proponenti o partecipanti a numerosi contratti di fiume condividendone obiettivi specifici e nella consapevolezza della validità di sinergie istituzionali nei riguardi di risorse naturali quali l’acqua, il suolo, il paesaggio.

L’art. 62 introduce alcune modifiche al regime vigente in materia di sovracanone di bacino imbrifero montano.

In particolare con una norma di interpretazione viene precisato che il sovracanone previsto dalla legge 959/1953 è comunque dovuto nella misura prevista per le concessioni di grande derivazione anche per le derivazioni con potenza nominale media compresa tra 220 Kw e 3.000 Kw. Si tratta di una interpretazione ritenuta necessaria operata dal legislatore, la cui esigenza è scaturita dalla circostanza che erano sorte questioni interpretative circa la sfera di applicazione dell’ammontare dei sovracanone.

Vengono ancora dettate disposizioni relative alla decorrenza dell’obbligo del pagamento del sovra canone (non oltre 24 mesi dalla data della concessione) e viene svincolata la destinazione del sovracanone alla prosecuzione di interventi infrastrutturali nell’ambito dei bacini montani, come già in precedenza previsto.

In proposito si fa presente che l’ANBI, nel corso dei lavori parlamentari è intervenuta anche su tale materia onde conseguire un chiarimento legislativo volto, con una norma, anche essa di interpretazione, a chiarire che in tale ambito non rientrano le concessioni a prevalente scopo irriguo. Tale chiarimento serviva ad eliminare dubbi interpretativi atteso il riferimento del testo alle concessioni idroelettriche. Peraltro, tale necessità non fu condivisa anche perché va sottolineato, con riferimento alla posizione dei Consorzi di bonifica titolari di concessione di derivazione a usi plurimi ma a prevalente uso irriguo, che l’art. 4 della L. 959/1953 (istitutiva del sovracanone) prevede l’esenzione dal pagamento del sovracanone per gli enti pubblici titolari di concessioni di grandi derivazioni di acqua a scopo potabile o irriguo e per i quali la produzione di energia elettrica sia di natura esclusivamente stagionale.

Il soprarichiamato art. 4 è tuttora in vigore e contribuisce a definire sin dall’origine l’ambito di applicazione del sovracanone BIM. Tale articolo costituisce una norma volta ad escludere dall’obbligo del sovracanone, previsto per la produzione commerciale in via principale di energia, gli enti pubblici che, come i Consorzi di bonifica effettuano tale produzione in via complementare alla funzione principale destinata al soddisfacimento di interessi generali diversi (uso potabile ed uso irriguo) per i quali viene usata prevalentemente l’acqua.

Pertanto le nuove disposizioni non si ritiene possano incidere sul regime relativo alle concessioni di grande derivazione a prevalente uso irriguo.

Infine, la legge dettando disposizioni per il contenimento dalla diffusione del cinghiale nelle aree protette e vulnerabili, al comma 5 modifica alcune norme della legge n. 157/1992: norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma  e per il prelievo venatorio, che risultano di grande interesse per gli associati. Infatti vengono di fatto escluse le nutrie dalla fauna protetta.

L’autorizzazione venatoria della regione costituisce titolo abilitativo all’installazione degli appostamenti funzionali all’attività, che devono avere caratteristiche definite.

In ultimo la Presidenza del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministeri interessati promuove la predisposizione della strategia nazionale delle Green community, che individuerà il valore dei territori rurali e di montagna che intendono sfruttare in modo equilibrato le risorse principali di cui dispongono e aprire un nuovo rapporto sussidiario e di scambio con le comunità urbane e metropolitane in modo da poter impostare, nella fase della green economy, un piano di sviluppo sostenibile non solo dal punto di vista energetico, ambientale ed economico in alcuni campi specificamente indicati.


Giulio Tufarelli

Agronomo ANBI

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