
22/12/2021
L’ECOMUSEO DEL LITORALE ROMANO, INTITOLATO A MARIA PIA MELANDRI
Nascere in Italia è un privilegio, di cui bisogna essere consapevoli per mantenerne e migliorarne il territorio. Questa mancata percezione è causa invece della spesso dissennata programmazione urbanistica, che tanti danni sta creando anche all’assetto idrogeologico; l’acqua da “madre” è stata trasformata in “matrigna”.
Per dare una svolta, occorre quindi una grande azione di educazione ambientale ad iniziare dalle scuole, dove potrebbe contribuire a quel concetto di “educazione civica” ormai purtroppo dimenticato. D’altronde, l’acqua da semplice fonte di vita è oggi diventata importante fattore economico, sul quale convergono molteplici interessi; per converso l’Italia, Paese storicamente ricco d’acqua, negli anni recenti ha conosciuto le pesanti conseguenze della siccità, frutto dei cambiamenti climatici, fino ad arrivare a locali episodi di desertificazione. Assumerne coscienza collettiva è indispensabile prologo a scelte politiche che, nel rispetto delle priorità di legge, puntino a rendere compatibili le diverse esigenze gravanti sulla risorsa idrica: dopo quelle umane ed agricole, le turistiche, energetiche, ambientali, sportive…
In questo, il progetto “La Civiltà dell’Acqua ”, mirato a far entrare il panorama irriguo della Lombardia nel patrimonio mondiale UNESCO, rappresenta un’interessante esperienza pilota, ideata da ANBI con il supporto di Regione Lombardia e che sta incontrando crescenti consensi. L’obbiettivo è la valorizzazione storico-turistica di un patrimonio fatto di centrali idrovore, canali, manufatti idraulici, senza i quali la fruibilità del territorio lombardo non sarebbe la stessa. La gestione dell’acqua a fini irrigui, quindi, si conferma un importante fattore economico non solo, perché permette l’84% del made in Italy agroalimentare, ma anche perché mantiene l’immagine universalmente percepita di un territorio “costruito” negli anni. E’ questo un elemento di riflessione imprescindibile per un territorio paesaggisticamente importante come l’Italia. Non a caso, all’Università di Padova si stanno individuando nuovi parametri per analizzare “l’impronta idrica”, collegandola non solo al ciclo produttivo, ma anche alla disponibilità idrica di un territorio. Partendo dall’affermazione condivisa che “in agricoltura l’acqua si usa e non si consuma”, restando all’interno del ciclo biologico, “risparmiare” acqua irrigua là, dove ce ne è in abbondanza (Piemonte, Lombardia e Veneto, ad esempio) avrebbe conseguenze sulla bellezza dei territori, inaridendoli. Che fine farebbe, ad esempio, il verde carico dei prati stabili? O cosa sarebbero le province risicole senza l’allagamento dei campi, da cui derivano le risorgive più a valle? Domande, su cui riflettere anche perché un’altra ricerca universitaria, stavolta friulana, ha dimostrato, attraverso la metodologia del “choice experiment”, la predisposizione degli italiani a pagare qualcosa in più nella bolletta idrica, purchè tale “sforzo” serva a mantenere il panorama irriguo, cui siamo abituati. Non è per altro un obbiettivo meramente ambientale, ma è un fattore profondamente economico, determinante per il rilancio del “sistema Paese” secondo un nuovo modello di sviluppo, che privilegi il territorio: i dati sugli incrementi turistici garantiti dall’attribuzione delle bandiere di qualità (“blu” per le località marine, “arancione” per i borghi storici) e o da positive esperienze di valorizzazione del patrimonio (i “giardini storici” o la Reggia di Caserta, ad esempio) sono lì a dimostrarlo. In questo quadro, l’azione dei consorzi di bonifica c’è fino in fondo.
Francesco Vincenzi - Presidente ANBI
22/12/2021
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