GIOVEDI’ 20 NOVEMBRE
PRENDE IL VIA DA CAMALDOLI LA CAMPAGNA ANBI PER AREE INTERNE E MARGINALI
Sarà il convegno “Montagna in prima linea: gestione, conservazione e sfide climatiche” a dare il via, giovedì 20 Novembre p.v., alla campagna promossa da ANBI per la sensibilizzazione sulle problematiche complessive delle aree interne e marginali.
L’incontro, organizzato dal Consorzio di bonifica Alto Valdarno (con sede ad Arezzo) e da ANBI Toscana, inizierà alle ore 10.00 negli spazi del Monastero di Camaldoli, nel comune aretino di Poppi e prevede, dopo i saluti istituzionali, tre panel (Bonifica in aree montane: esperienze dai Consorzi”; “Aree interne: ricerca, idee e proposte”, “Aree interne: quale futuro?”), cui interverranno, oltre ai vertici ANBI, amministratori locali e regionali, docenti universitari, ricercatori, rappresentanti di enti territoriali; tra gli interventi previsti quelli di Eugenio Giani, Presidente Regione Toscana; Davide Baruffi, Assessore Bilancio, Montagna ed Aree Interne Regione Emilia Romagna; Luca Santini, Presidente Federparchi.
Nel primo pomeriggio è prevista una visita all’eremo di Camaldoli ed ai lavori di sistemazione idraulica in loco.
OSSERVATORIO ANBI RISORSE IDRICHE
RISCHIO IDROGEOLOGICO: FRANCIA – ITALIA È IL DERBY DELLA PAURA
VINCENZI: “POSIZIONE E MORFOLOGIA CI ESPONGONO ALL’ESTREMIZZAZIONE METEO ABBANDONO DEI TERRITORI E CEMENTIFICAZIONE ACCENTUANO LE CONSEGUENZE”
Nonostante il Climate Risk Index, calcolato e diffuso dall’organizzazione Germanwatch e che determina l’esposizione dei vari Paesi agli eventi meteorologici estremi sulla base dei dati del più recente trentennio, ponga l’Italia al sedicesimo posto, seconda in Europa dietro la Francia (dodicesima), l’analisi di alcuni indicatori ci pongono come il Paese più esposto del Vecchio Continente.
Lo studio è dell’Osservatorio ANBI Risorse Idriche, che segnala come sulle 4 posizioni, che ci separano dai cugini d’Oltralpe, ad incidere principalmente sia il numero di persone coinvolte in disastri naturali (Francia 50°, Italia 122°), ma gli eventi, che hanno colpito il nostro territorio siano più letali a causa della densità abitativa (il territorio francese ha una superficie superiore del 124% a quella italiana, ma gli abitanti sono solo il 14% in più) e della morfologia lungo la Penisola, estremamente più complessa, avendo l’Italia solo il 23% di pianura contro l’oltre 60% aldilà delle Alpi: così, quando un evento estremo si abbatte su una zona montana del nostro Paese, dove la manutenzione è peraltro sempre minore, gli effetti nefasti si ripercuotono inevitabilmente anche a valle, dove si concentra la maggior parte della popolazione e delle attività.
Ne parleremo il 20 Novembre prossimo a Camaldoli in Toscana, dove queste considerazioni saranno base al convegno sul tema Montagna in prima linea: gestione, conservazione e sfide climatiche, prima iniziativa della nostra campagna di sensibilizzazione sulle più generali problematiche delle aree interne e marginali – ha annunciato Massimo Gargano, Direttore Generale ANBI.
Proseguendo con le cifre, secondo ESWD (European Severe Weather Database), gli eventi meteorologici anomali (grandine grossa, piogge intense, tornado), che ripetutamente si registrano lungo la Penisola, hanno colpito negli scorsi 12 mesi ben 2248 località italiane; la siccità (severa-estrema), invece, ha pesantemente interessato circa 1 milione e mezzo di abitanti nei recenti 24 mesi dopo che nel biennio precedente (2021-2023), ai tempi della “grande sete” del Nord, aveva coinvolto quasi 4 milioni e mezzo di persone (fonte: elaborazione ANBI su dati CNR).
“Di fronte a questi dati possiamo affermare che l’Italia è la nazione europea, che più paga per gli effetti disastrosi della crisi climatica sia per la posizione geografica nel mar Mediterraneo, sia per la morfologia complessa del territorio, ma anche per il progressivo abbandono delle aree in altitudine e l’eccessiva antropizzazione delle zone di pianura, accompagnata da un’inarrestabile cementificazione del suolo” ha commentato Francesco Vincenzi, Presidente ANBI.
Emblematici sono gli attualissimi esempi di Basilicata e Puglia, che da due anni stanno combattendo una battaglia impari contro gli stravolgimenti climatici.
La Basilicata, conosciuta come una terra ricca d’acqua, sta ormai esaurendo le scorte idriche: negli invasi lucani rimangono solamente 84 milioni di metri cubi d’acqua di risorsa, quando il solo bacino di monte Cotugno sarebbe autorizzato a trattenerne ben 273 milioni.
Tale crisi idrica ha costretto, così com’era già accaduto lo scorso anno con il prosciugamento dell’invaso di Camastra, il gestore del servizio idrico integrato (Acquedotto Lucano) ad effettuare turnazioni, riduzione di pressione e sospensione dell’ erogazione d’acqua potabile nelle ore notturne (anche fino a 12 ore), in oltre venti comuni del Potentino (San Martino d’Agri, Sant’Arcangelo, Spinoso, Montemurro, Brindisi Montagna, Tramutola, San Fele, Viggiano, Grumento Nova, Atella, Pignola, Potenza, Fardella, Rionero in Vulture, Rapolla, Acerenza, Castelgrande, Melfi, Forenza, Ruvo del Monte, Filiano, Lagonegro, Brienza, Venosa cui aggiungere Pisticci, nel Materano), interessando circa centomila abitanti, cioè il 30% della popolazione potentina.
È la peggiore crisi idrica in Basilicata ed è strettamente legata alla scarsità di pioggia (non come lo scorso anno quando le difficoltà erano imputabili anche alla mancanza di connessioni con gli altri sistemi idrici del bacino di Camastra).
Anche la Puglia, che nel fine settimana è stata interessata da piogge localmente molto intense soprattutto sul Barese, non riesce ad intravedere la luce in fondo al tunnel dell’emergenza idrica con il rischio, anche qui, che presto a pagare le conseguenze di tale situazione possa essere anche la popolazione, vedendo razionata l’acqua dai rubinetti dopo che un prezzo altissimo è già stato pagato dagli agricoltori, che hanno dovuto rinunciare per carenza idrica alle colture più redditizie.
L’invaso di Occhito, il principale di questo territorio, ormai contiene solamente quello, che tecnicamente viene definito “volume morto” (attualmente ci sono 40,67 milioni di metri cubi ed il “volume morto” è fissato a mln. mc. 40), nonostante l’acqua del bacino, già quasi prosciugato nel 2024, sia stata per tutto l’anno riservata al solo uso civile.
In Sardegna, i bacini trattengono solo il 37% dell’acqua invasabile ed il deficit sul 2024 è di ben 54 milioni di metri cubi: è il dato peggiore da almeno 15 anni. A Nord-Ovest, nella Nurra, mancano all’appello oltre cento milioni di metri cubi d’acqua e quella, che rimane costituisce appena il 5,88% dei volumi autorizzati. È crisi anche nell’Alto Cixerri (gli invasi contengono complessivamente solo il 7,27% della capacità) e nel sistema idrico di Posada (la diga Maccheronis trattiene soltanto il 7,85% della risorsa possibile). Positivo è invece il bilancio idrico nell’Ogliastra (invasi al 76,59%) e nell’Alto Taloro (61,69%).
Nel Centro Italia, in Abruzzo i livelli idrometrici dei fiumi sono in calo: Il Pescara registra un’altezza idrometrica, inferiore di cm. 10 rispetto allo scorso anno e di cm. 20 rispetto al 2023.
Nel Lazio, la prolungata stabilità atmosferica non favorisce una ripresa dei livelli idrometrici nei laghi naturali, che continuano ad abbassarsi: i due laghi vulcanici dei Castelli Romani decrescono di ulteriori 2 centimetri nella scorsa settimana; la gravità della condizione di questi due “monumenti naturali”, alimentati esclusivamente da acque meteoriche e da fonti sotterranee perché privi di immissari, è chiaramente evidenziata dall’avanzamento della linea di costa e ben testimoniata dai numeri: in soli 2 anni il livello del lago di Albano si è ridotto di m.1,10 mentre la decrescita di Nemi è stimabile in cm.84 (fonte: elaborazione ANBI su dati AUBAC) . Anche i laghi “viterbesi” di Vico e Bolsena registrano una settimanale decrescita, rispettivamente di cm. 2 e cm. 1; in aumento è la portata del fiume Tevere, mentre diminuiscono i flussi negli alvei di Aniene e Velino.
In Umbria, il mese di ottobre è stato decisamente secco: mediamente sulla regione sono caduti circa quarantadue millimetri di pioggia con un deficit di oltre il 60% rispetto al consueto. L’altezza idrometrica del lago Trasimeno cresce di 2 centimetri, mentre si registra una riduzione dei flussi nel fiume Topino.
Nelle Marche sono sempre più scarse le portate dei fiumi Potenza, Nera, Esino e Sentino, che registrano livelli tra i più bassi del recente decennio.
In Toscana, la tregua dal maltempo ha riguardato anche quelle province settentrionali, recentemente interessate da piogge molto intense; passata la piena, la portata del fiume Serchio è tornata al di sotto dei valori medi del periodo, mentre in calo sono anche Arno ed Ombrone.
Anche in Liguria, dopo la crescita dei livelli fluviali registrata a seguito delle abbondanti piogge delle scorse settimane sul Levante, tornano a ridursi i flussi nei corsi d’acqua, scendendo in alcuni casi anche al di sotto delle medie di riferimento (Magra ed Entella).
Nell’Italia settentrionale il nuovo anno idrologico è iniziato all’insegna della scarsità di precipitazioni su diverse regioni.
Decrescenti sono i livelli idrometrici dei grandi laghi del Nord.
Si riduce in Valle d’Aosta la portata della Dora Baltea (ora sotto media), mentre in aumento è quella del torrente Lys; sulla regione le piogge di Ottobre sono state in linea con i valori tipici della stagione.
Decisamente scarsi sono i flussi idrici nei fiumi del Piemonte, dove le piogge di Ottobre sono state inferiori del 64% alla media: da segnalare le “performances” negative di Tanaro, la cui portata è dell’80% inferiore alla norma, Stura di Lanzo (-65%) e Toce (-64%).
In Lombardia le riserve idriche, stoccate nei bacini, ammontano a 1512,1 milioni di metri cubi: un quantitativo di risorsa inferiore del 2,7% alla media storica, ma quasi -20% rispetto al 2024.
Deficitarie sono le portate nella gran parte dei fiumi in Veneto. La scarsità dei flussi risulta più evidente in Brenta (-43%), Bacchiglione (-51%), Muson dei Sassi (-42%), Piave (-42%), Adige (-27%). Sulla regione, il mese di ottobre è stato meno piovoso del normale (-37%) con deficit più marcati sul bacino del Piave (-59%), mentre sui bacini di Lemene, Tagliamento, Pianura tra Livenza e Piave, il bilancio pluviometrico risulta positivo. Il serbatoio del Corlo (bacino Brenta) trattiene quasi il 55% d’ acqua in meno rispetto alla media (fonte: ARPAV).
In Emilia Romagna sono in calo e fortemente deficitarie le portate dei fiumi appenninici: Reno ( -78%), Secchia (-80%), Enza (-59%); scendono addirittura al di sotto dei valori minimi storici, i flussi nell’alveo del Taro (-80% sulla media).
Ben al di sotto delle medie stagionali sono infine le portate del fiume Po: nella stazione alessandrina di Isola S. Antonio i flussi sono del 69% meno del consueto, mentre nella ferrarese Pontelagoscuro il deficit è del 49% (fonte: ARPAE).

11 NOVEMBRE
SI È APERTA L’ANNATA AGRARIA CON UNA BUONA NOTIZIA PER L’ASSETATA PUGLIA: FINANZIATA LA PROGETTAZIONE ESECUTIVA DELL’INVASO DI PALAZZO D’ASCOLI
È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto, che assegna il finanziamento per la progettazione esecutiva dell’invaso di Palazzo d’Ascoli, opera strategica per il territorio della Capitanata e per il sistema agricolo del Foggiano, fortemente penalizzato da due anni di siccità: a renderlo noto è stata l’ANBI. Il provvedimento, atteso da tempo, segna un passaggio fondamentale verso la realizzazione dell’infrastruttura (costo stimato: 300 milioni di euro), che consentirà di potenziare la capacità di accumulo idrico, razionalizzare la distribuzione irrigua e rafforzare la sicurezza idraulica in un’area tra le più produttive del Mezzogiorno.
“Si tratta di una fondamentale svolta per le prospettive economiche e sociali della Capitanata, uno dei giacimenti agricoli d’Italia — ha dichiarato Giuseppe De Filippo, Presidente Consorzio di bonifica Capitanata - Le campagne della nostra provincia potranno contare su una riserva d’acqua stabile e sicura a beneficio anche dell’ambiente.”
Con il finanziamento della progettazione esecutiva, assegnato all’ente consorziale con sede a Foggia, il progetto dell’invaso di Palazzo d’Ascoli entra finalmente nella fase operativa.
“È un risultato, che premia anni di lavoro tecnico, confronto istituzionale e visione strategica” ha commentato Francesco Vincenzi, Presidente ANBI.
“Il Consorzio di bonifica Capitanata – ha aggiunto Massimo Gargano, Direttore Generale ANBI - è pronto a procedere con un lavoro di altissimo profilo tecnico, in linea con gli standard più avanzati di efficienza, sostenibilità e trasparenza. L’invaso di Palazzo d’Ascoli rappresenta un tassello essenziale della strategia di adattamento climatico e di gestione integrata delle risorse idriche del nostro Paese.”
Il finanziamento (€ 9.400.000,00 comprensivi di complesse indagini sismiche e di incidenza ambientale) rientra nelle politiche nazionali per il rafforzamento delle infrastrutture idriche e nella programmazione regionale pugliese per la sicurezza idrica e la resilienza agricola. Una volta completata la progettazione esecutiva, prevista entro il 2027, l’opera sarà candidata ai successivi finanziamenti per la realizzazione.
“Il Consorzio di bonifica Capitanata seguirà tutte le fasi di sviluppo del progetto, in stretto coordinamento con gli enti finanziatori e le amministrazioni competenti” ha concluso Francesco Santoro, Direttore Generale dell'ente consortile foggiano.
IN EMILIA ROMAGNA ESPERIENZA PILOTA PER LA NUOVA VITA DEL CAVO NAPOLEONICO
VINCENZI: “DI FRONTE ALL’INCEDERE DELLA CRISI CLIMATICA È FONDAMENTALE EFFICIENTARE L’ESISTENTE”
In Emilia Romagna è in corso un intervento mai effettuato prima nell’alveo del Cavo Napoleonico: a renderlo noto è stata l’ANBI precisando che l’obbiettivo è la riduzione del rischio idrogeologico attraverso la rimozione dei sedimenti depositati; i lavori sono finanziati per un importo di € 8.572.000,00, grazie al P.N.R.R. (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).
La realizzazione vede la collaborazione tra Regione Emilia-Romagna e Consorzio C.E.R. - Canale Emiliano-Romagnolo, cui è affidato il primo stralcio di lavori nel tratto con maggiore accumulo di materiale sul fondo; la conclusione è prevista entro il 2026 con la rimozione di circa duecentotrentamila metri cubi, accumulatisi dagli anni ’50 ad oggi.
“Si interviene mediante l’impiego di una draga aspirante refluente, collocata nell’alveo e che, tramite pompaggio, convoglia una miscela d’acqua e sedimenti, all’interno di una tubazione per farla defluire direttamente nel fiume Po. Si tratta di una modalità, che potremmo definire pilota, considerate le sue caratteristiche e che nessun intervento analogo era mai stato effettuato nel Cavo dalla sua realizzazione” ha dichiarato Raffaella Zucaro, Direttore Generale Consorzio di 2° grado C.E.R. (con sede a Bologna).
“Il lavoro è fondamentale, perché il Cavo Napoleonico rischiava di perdere l’originaria funzione di importante serbatoio in un Paese, dove almeno il 10% della capacità complessiva dei bacini è interdetta per la riduzione della capacità dovuta a mancata manutenzione” ha sottolineato il Presidente ANBI, l’emiliano Francesco Vincenzi.
Al centro dell’intervento vi è il capillare ripristino della corretta funzionalità idraulica del canale: lungo 18 chilometri e largo 180 metri si estende nella provincia ferrarese e collega il fiume Reno al Po. Possiede la doppia funzione di scolmatore delle piene del Reno (a servizio del territorio della bassa pianura bolognese, ferrarese e, in parte, ravennate) e, con flusso invertito, di alimentazione del Canale Emiliano Romagnolo, convogliando l’acqua del Po sino alla riviera romagnola a supporto dell’irrigazione per l’alta pianura e, nel momento in cui tutti i corsi d'acqua romagnoli abbiano portate insufficienti ai fabbisogni estivi, anche per l’alimentazione dell'impianto di potabilizzazione "NIP2" di Ravenna.
“Effettueremo i lavori in maniera il più possibile continuativa, evitando che incidano sull’importante attività d’irrigazione del Canale Emiliano Romagnolo” ha precisato Nicola Dalmonte, Presidente Consorzio di 2° grado C.E.R. .
“La prima opera idraulica, di cui il Paese abbisogna è la manutenzione dell’esistente, uno dei capisaldi della nostra strategia di adattamento alla crisi climatica. Rimane così di grande attualità il nostro Piano di Efficientamento, che già nel 2020 individuava oltre ottocento interventi da realizzare lungo la Penisola: con un investimento di quasi quattro milioni e quattrocentomila euro non solo si aumenta la resilienza dei territori, ma si garantiscono almeno 21.000 posti di lavoro” ha ricordato infine Massimo Gargano, Direttore Generale ANBI.
EMILIA ROMAGNA
PIU’ ACQUA SU 13.000 ETTARI
Presto il comprensorio Sanvitale (area di 13.622 ettari e che comprende i comuni di Medesano, Noceto, Fontevivo, Fontanellato e San Secondo Parmense) potrà contare sul miglioramento dell’efficienza del sistema irriguo, grazie agli interventi, che il Consorzio di bonifica Parmense (con sede nel capoluogo di provincia) ha effettuato, al fine di incrementare il risparmio idrico, nonché adeguare e migliorare i sistemi integrati di telecontrollo attraverso opere di ammodernamento in alcuni tratti del canale del Duca ed il rifacimento della condotta di Medesano per una lunghezza complessiva di 900 metri; si ridurranno così le perdite d’acqua, incrementando il risparmio idrico del 30% per garantire una distribuzione più efficiente e controllata dell’acqua in un comprensorio dalla forte vocazione agricola (erba medica, foraggi, prati polifiti, mais, soia, pomodoro) e dalle produzioni prime, fondamentali per le filiere di eccellenza di Parmigiano Reggiano DOP, Prosciutto di Parma DOP e prodotti tipici di qualità della “Food Valley” parmense; i lavori (importo complessivo € 3.310.000,00 così ripartiti: € 2.709.821,03 da fondi del Ministero di Agricoltura, Sovranità Alimentare e Foreste - M.A.S.A.F; € 100.000,00 dalla Regione Emilia-Romagna ed € 500.178,97 provenienti da fondi di bilancio dell’ente consortile), ormai in dirittura d’arrivo, sono stati oggetto di un recente sopralluogo da parte dei vertici della “Bonifica Parmense”.
LAZIO
INTERVENTI ULTIMATI
Sono terminati gli interventi di manutenzione idraulica ordinaria, realizzati dal Consorzio di bonifica a Sud di Anagni sull’alveo e sulle sponde del torrente Rio nei comuni di Montelanico e Anagni (dove ha sede l’ente consortile), per uno sviluppo complessivo di circa dieci chilometri.
L’intervento ha riguardato la ripulitura dell’alveo e delle sponde dalla vegetazione infestante e dalle alberature divelte oltre alla rimozione dei sedimenti accumulati ed alla riprofilatura del corso d’acqua. L’attività è finalizzata a garantire non solo la sicurezza idraulica del territorio, ma anche quella delle infrastrutture viarie, tra cui la Strada Statale Carpinetana.
La manutenzione ha interessato anche tutti i fossi secondari ricadenti nel bacino idraulico del torrente Rio. Parallelamente proseguono gli interventi sul torrente Alabro nel comune di Ferentino e sono stati avviati i lavori di sfalcio e risagomatura del fosso Rio Santa Maria nel territorio di Anagni.
TOSCANA
“FERMARE LA PLASTICA NEI FIUMI PER SALVARE IL MARE” UN FINANZIAMENTO DALL’AUTORITÀ DI BACINO
Il Consorzio di bonifica Toscana Nord (con sede a Viareggio, in provincia di Lucca) realizzerà un nuovo impianto per intercettare e raccogliere i rifiuti galleggianti sul fosso Farabola, affluente del canale Burlamacca, nel comune viareggino.
L’intervento ha un obbiettivo chiaro: fermare la plastica prima che raggiunga il mare, proteggendo l’ambiente costiero e marino. Il progetto, finanziato con 55.000 euro complessivi, è stato approvato nell’ambito della rimodulazione del programma sperimentale, previsto dalla cosiddetta Legge “Salvamare”, promossa dal Ministero Ambiente e Sicurezza Energetica e coordinata dall’Autorità Bacino Distrettuale Appennino Settentrionale.
Lungo i corsi d’acqua del territorio, ogni anno vengono abbandonate tonnellate di rifiuti (in particolare plastica), che rischiano di finire in mare e danneggiare gravemente gli ecosistemi. L’ente consorziale è da tempo impegnato nella raccolta e rimozione dei rifiuti fluviali, grazie all’uso di barriere galleggianti (panne) ed alla collaborazione con centinaia di volontari.
L’intervento si inserisce nel progetto “Salviamo le tartarughe marine, salviamo il Mediterraneo” già attivo sul territorio e punta a diventare un modello replicabile su altri corsi d’acqua della rete consortile.
LOMBARDIA
RISPOSTE CONCRETE A CRESCENTI ESIGENZE
Alcuni impianti del Consorzio di bonifica Oglio Mella sono stati lo scenario operativo per l’esercitazione di protezione civile, promossa dalla Provincia di Brescia che, con l’Ufficio Protezione Civile, coordina i Comuni ed i soggetti operanti nel territorio.
Durante la due giorni, che ha visto coinvolte squadre da tutto il Bresciano, si sono svolte le prove di soccorso sulla specializzazione “intervento idrogeologico-idraulico”. Gli interventi di gestione del rischio idrologico-alluvionale sono stati testati sui siti individuati con il supporto dell’ente consorziale (con sede nella “città della Leonessa”), in particolare nel bacino multifunzionale di laminazione ed accumulo in località Bargnana di Castrezzato.
Durante le esercitazioni è stata approfondita la conoscenza e l’uso di motopompe ed attrezzature specifiche, oltre a tecniche ed interventi su argini, nonché protezione e costruzione di coronelle. Con la partecipazione dei Vigili del Fuoco è stato realizzato anche un test sulla capacità di risposta delle squadre con specializzazione di soccorso nautico.
L’obiettivo dell’esercitazione era di dare risposte concrete alle crescenti necessità della pianura occidentale bresciana; in questo senso sono molte le convenzioni che l’ente consortile ha già stipulato per la gestione del reticolo idrico con i Comuni dell’ampio comprensorio (99.000 ettari tra i fiumi Oglio e Mella) e che si affiancano alle tante opere realizzate in questi anni.
EMILIA ROMAGNA
ESERCITAZIONE ALLA DIGA DEL MOLATO
Nelle scorse settimane circa trentacinquemila persone in Val Tidone hanno ricevuto sul proprio cellulare un messaggio di allerta, inviato dal sistema pubblico “IT-Alert” della Protezione Civile.
Il messaggio test, riguardante la diga del Molato, è arrivato a coloro che si trovavano nei comuni di Alta Val Tidone, Pianello Val Tidone, Borgonovo Val Tidone, Agazzano, Gragnano Trebbiense, Rottofreno, Sarmato. “IT-Alert” è un sistema di allarme pubblico del Dipartimento Nazionale di Protezione Civile per avvisare la cittadinanza in situazioni di pericolo; si tratta di un servizio anonimo e gratuito, per il quale non è necessario iscriversi, né scaricare nessuna applicazione. Durante l’intera esercitazione, dalle ore 11.00 alle ore 12.00, il Centro Operativo Regionale (COR), l’Agenzia Regionale per la Sicurezza Territoriale e la Protezione Civile Ufficio Territoriale di Piacenza insieme a rappresentanti di Prefettura, volontariato, Vigili del Fuoco e 18 sono stati attivi, attuando un assetto operativo, conforme al tipo di situazione simulata.
Il Consorzio di bonifica Piacenza (con sede in città), ogniqualvolta se ne manifesti la necessità in caso di eventi meteo particolarmente intensi, collabora con tutte le Autorità preposte su coordinamento dell’Agenzia per la Sicurezza Territoriale e la Protezione Civile della Regione Emilia Romagna, testimoniando l’ottima relazione tra gli attori coinvolti nel sistema.
VENETO
ELEZIONI REGIONALI: I CANDIDATI MANILDO E STEFANI HANNO SOTTOSCRITTO IL PATTO “COSTRUIAMO INSIEME IL VENETO DI DOMANI”
Gli 11 Consorzi di bonifica del Veneto hanno incontrato, nella storica sede del Consorzio di bonifica Veneto Orientale a San Donà di Piave, i candidati alla Presidenza della Regione Veneto, Giovanni Manildo (Centro Sinistra) e Alberto Stefani (Centro Destra), per un confronto sui temi del cambiamento climatico e della gestione idraulica del territorio.
I candidati sono intervenuti in 2 momenti distinti, in un confronto a distanza, che in entrambi i casi è stato aperto da una relazione del Direttore, Silvio Parizzi e da un intervento conclusivo del Presidente ANBI Veneto, Alex Vantini.
Di fronte a 100 rappresentanti dei Consorzi di bonifica, Manildo e Stefani, alla fine dei rispettivi interventi, hanno sottoscritto il patto “Costruiamo insieme il Veneto di domani”: 10 punti, che rappresentano linee guida per adattare il territorio regionale alle sfide del cambiamento climatico.
Nel documento i Consorzi di bonifica uniscono la propria voce al comparto agricolo per chiedere un unico assessore regionale, che riunisca le deleghe per agricoltura, gestione irrigua e sicurezza idraulica; chiedono inoltre risorse per realizzare bacini multifunzionali e riconversione irrigua, una maggiore consapevolezza dei servizi ambientali generati dall’irrigazione (con riferimento specifico alle normative comunitarie sul Deflusso Ecologico), stop al consumo di suolo, finanziamenti per la manutenzione della rete consortile, la ricarica della falda, la tutela delle risorgive, il contrasto al cuneo salino; chiedono infine una voce forte della Regione Veneto verso il Governo per il rifinanziamento della Legge Speciale per Venezia e la sua Laguna e per la Legge sulla Subsidenza.
TOSCANA
PRIMO TAVOLO CONGIUNTO PER GESTIONE TAGLI
Nella sede dell’ente consortile a Grosseto si è riunito per la prima volta il tavolo tecnico per la gestione della vegetazione ripariale, promosso dal Parco della Maremma e dal Consorzio di bonifica 6 Toscana Sud (con sede nel capoluogo maremmano): è stata una riunione introduttiva, ma che ha colto l’obiettivo di individuare, con il supporto di esperti, protocolli di intervento, che siano condivisi e che possano disciplinare i tagli della vegetazione ripariale e degli alberi lungo il fiume Ombrone, garantendo i necessari lavori di contenimento del rischio idraulico, ma anche la tutela dell’ecosistema della Maremma; l’approccio dovrà essere scientifico con valutazioni prima e dopo gli interventi ed uno studio sulle modalità da adottare.
La prima riunione ha già portato ad avviare percorsi importanti, tra cui un monitoraggio di tutti i tratti, sui quali sono stati fatti interventi (sia le aree integre che quelle tagliate), in modo da poter fare raffronti della situazione in diversi momenti e comprendere l’evoluzione, che segue il taglio e come l’habitat si ripristina; un altro passo fondamentale è la ricognizione puntuale del quadro normativo.
La ricerca e le analisi sul campo saranno necessarie per mappare le concessioni, gli interventi da effettuare e per arrivare a formulare ipotesi di sperimentazioni e zonizzazione.
Un approccio condiviso, anche attraverso tavoli di confronto ed un costante monitoraggio, sarà cruciale per la riuscita del progetto: per questo si è deciso di istituire un gruppo di ricerca multidisciplinare, chiamato a coordinare le attività.
Per la prima volta si sta affrontando il tema della gestione della vegetazione ripariale in termini multidisciplinari, provando a trovare una soluzione integrata, che metta insieme le esigenze di difesa idraulica, di tutela ecologica e di utilizzo delle risorse. I punti di contatto sono molto più numerosi delle differenze ed il dialogo è importante.
AGENDA
Il Presidente ANBI, Francesco Vincenzi, interverrà nel pomeriggio di martedì 18 Novembre p.v. al convegno “Agricoltura, il futuro si gioca in difesa” in programma nell’auditorium COCEA a Predaia (Trento); la mattina di giovedì 20 Novembre sarà invece a Carnate (Milano) per l’inaugurazione della vasca di laminazione delle piene del torrente Molgora, realizzata dal Consorzio di bonifica Est Ticino Villoresi (con sede nel capoluogo lombardo).
Nello stesso giorno, il Direttore Generale ANBI, Massimo Gargano, concluderà i lavori del convegno “Montagna in prima linea: gestione, conservazione e sfide climatiche”, in calendario nel Monastero di Camaldoli (Arezzo). |